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I nostri quaderni

racconti di un'impresa sana e naturale

Il primo giorno di raccolta


L’aurora e i suoi occhi di nebbia, vane parvenze di sole accennate sul sipario calato fitto all’orizzonte; ogni cosa, sospesa in un limbo di illusioni e sogno, è l’ombra di ciò che in realtà è e per qualche attimo è lecito attardarsi ai bordi della coscienza, sospesi tra sogno e realtà, tra quel che è e quel che si vorrebbe che fosse. Ma è come il primo giorno di scuola, con i banchi ben piantati a terra, ai piedi dei tronchi degli alberi e per cielo verdi costellazioni di olive, che a seguirle tutte, ti ci perdi e ti ritrovi un po’ più in là con gli occhi bambini a descrivere al di là delle astrazioni geometriche, vertigini di sogni e d’abbondanza. Con i banchi ben piantati sul terreno bruno, sotto i rami protesi a terra, come braccia forti, cariche di olive offerte in dono: potresti mai rifiutarti di raccoglierle senza tradire la natura stessa dell’olivo, che così ricompensa le fatiche e gli affanni tuoi? No, non puoi e guardando in alto sistemi meglio il banco, dove le braccia sono più forti e buone le speranze da appenderle alle chiome dorate, pronto per riprendere il cammino e le sue euforie: non s’è mai fermato, neppure durante l’attesa degli ultimi giorni, ma adesso prende nuova forma e luce dall’insegnamento saggio dell’olivo. Che piega il capo fiero di frutti e foglie e segna il vento scuotendo dolcemente i rami indorati inchinandoli alla terra che lo accoglie. Hai fatto bene? Hai fatto male? Ti chiede e ogni sua più piccola fibra risplende d’oro e di fuoco: “Hai dato molto?”, “Hai dato poco?”. Saranno le olive che raccoglierai a rispondere ed è dalla saggezza racchiusa nei frutti che occorre ricominciare il viaggio e nutrire i prossimi pensieri e le future azioni perché ogni semina a venire sia migliore.

La mancata percezione delle cose, l’assenza ovattata dei rumori e l’esaltazione vaga delle forme, che le trasparenze della nebbia impongono, può illudere che il cammino verso il Podere della Mirella sia un viaggio fantastico, destinato a non finire mai, fin verso il cuore del sole, oltre le colonne del mattino; ma non incrina la festa che l’inizio della raccolta e ogni suo momento infonde nei cuori. Ultime, capricciose, velleità di nebbia, più resistenti al fiorir del sole, ancora assonnate s’attardano attorno alle ombre dei tronchi e, mentre dispieghiamo con cura le reti, sublimano in vapori eterei e degli alberi mettono a nudo le forme e idee vaghe degli splendori promessi. È così che appare il campo della Mirella, sconfinato nelle sue astrazioni di primo mattino ad accoglierci nel suo stato di sfolgorante esaltazione naturale, schiude il suo tesoro agli occhi increduli come uno scrigno d’oro che dilaga e inonda il giorno di splendori e promesse mantenute.

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