Gli Ulivi del Principe

Lo scintillio vivace delle tue fronde, che getta scompiglio all’oro del mattino sino a farne pagliuzze sottilissime che sciolgono corone dall’intreccio nobile delle tue foglie e fiori, ricorda che non fu il caso che ti volle felice in Terra di Puglia e che non fu opera di pazienti selezioni se da tempo immemore rinverdisci le colline della Daunia e dell’alto Tavoliere. Ma è così che piacque ad un principe. O ad una reginella. Chi amò d’infinito amore i declivi di queste colline, predilesse anche le tue lucide palme sempreverdi e ti volle eterno fratello di queste terre, destinando la tua progenie ad altro che fossero i calcari di Provenza. Da allora non c’è pagina della storia di queste terre, che per larga parte non appartenne anche a te, sino a diventarne la tua stessa storia. C’è una contrada che s’apre ai confini dell’ampio Tavoliere dove gli ulivi di Peranzana più che altrove ergono robusti i tronchi al cielo come antiche colonne di un tempio ed ostentano, sereni, le forme sagge che hanno guadagnato al tempo: è la contrada “Reinella”, che ancora porta il nome della Regina Sancha, moglie di Roberto D’Angiò, Re di Napoli e Conte di Provenza, ed è qui che è possibile ritrovare gli antenati illustri degli ulivi di Peranzana che popolano i colli dell’Alto Tavoliere. Fu la Reginella Sancha a fare impiantare per prima nelle amate terre di Daunia, di cui il marito le aveva fatto dono, la varietà di ulivi coltivati nelle contee della Provenza? È possibile, ma non v’è certezza. Quel che è certo però è che “Peranzana” è termine che deriva dalla storpiatura dialettale del termine “Provenzale” e di quest’ultimo è sinonimo assieme al termine gemello di “Provenzana”.

Seicento anni più tardi, Michele di Sangro, ultimo Principe di San Severo e Duca di Torremaggiore, discendente degli antichi Duchi di Borgogna, dopo una vita travagliata in Francia, sceglierà di tornare alla terra dei suoi avi e di concludere qui la propria esistenza, lasciando in eredità ai coltivatori di Daunia l’immenso bagaglio di tecniche agronomiche apprese in Francia. A tal proposito saranno importati nuovi oliveti ed innestati quelli esistenti con la varietà importata da quella soave terra francese, la Provenza, di cui Egli stesso era originario (la Borgogna un tempo coincideva con l’Alta Provenza) e che ben sposerà l’ambiente adottivo, trovando nel territorio del Nord Tavoliere Dauno il clima ideale per dare un nettare dorato dall’inconfondibile gusto e profumo.

Presto le fertili pianure e le accoglienti colline dell’Alto Tavoliere si ricoprirono dell’argento degli alberi di Peranzana e dei loro rami penduli carichi di frutti bruni dalla generosa polpa. E fu una fortuna perché tante tavole si ricoprirono -e si ricopriranno ancora- di olive “peranzana” buone per essere mangiate a tavola o per dare un olio dolce dal buon equilibrio di amaro e piccante ideale per insaporire insalate o bruschette o per essere consumato sia a crudo sia in cottura per piatti dal gusto deciso come zuppe, carni o pesci grigliati.